Buongiorno Jessica,
grazie mille della Sua lettera
Ciò che mi colpisce nelle Sue parole è la necessità che avverte, al di là della
depressione, di dover fingere di stare bene: a questo proposito mi vengono in mente due osservazioni.
1. Si finge con sé stessi innanzitutto quando non ci si piace, non ci si accetta, non ci si ama, spesso perché vorremmo assomigliare di più a quelle che percepiamo essere le aspettative di famiglia, amici, società e noi stessi su di noi.
2. Si finge con gli altri quando si crede che si debba essere diversi da quelli che si è per essere accettati e amati dalle persone che ci stanno attorno e con cui condividiamo la nostra vita emotiva e affettiva.
Le porto un esempio, per meglio chiarire questa dinamica. Il bambino è portato, per un vincolo molto forte di amore e dipendenza, a soddisfare attese e aspettative dei propri genitori; quando questo non accade (e spesso non accade nei tempi e nei modi desiderati) il bambino e i suoi genitori attraversano insieme momenti di delusione e insoddisfazione. Il bambino è scontento di sé e della relazione che ha con i genitori. I genitori appaiono frustati, delusi, amareggiati e a tratti depressi nel constatare che il bambino è diverso da quello che desideravano; in un gioco relazionale complesso anche il bambino noterà lui stesso che i genitori non sono esattamente quello che lui desidererebbe siano, ma sono diversi.
Accettare noi stessi per ciò che siamo significa quindi anche riuscire ad accettare l'altro per quello che è. Fingere con sé stessi e con gli altri è la manifestazione esterna del non riuscire ad accettare sé stessi e gli altri.
Sforzarsi di tollerare la frustrazione, la delusione e l’insoddisfazione senza negarle è invece la scelta costruttiva che porta tutti i soggetti coinvolti (nell'esempio il bambino e i genitori) a prendere consapevolezza delle proprie attese disattese, accettarle e vivere infine in modo più autentico e quindi gratificante la relazione con sé stessi e con l'altro.
La finzione in pratica è una sorta di gabbia nella quale ora Lei è intrappolata. E allora mi chiedo e Le chiedo, è insorta prima la depressione, dopo la quale ha sentito il bisogno di proteggersi (e proteggere gli altri), fingendo di stare bene? Oppure ha iniziato a fingere con sé stessa, non ascoltandosi, negando i propri sentimenti, sentendosi intrappolata e quindi alla fine depressa? O ancora questi due aspetti sono andati di pari passo, alimentandosi a vicenda in un circolo vizioso?
Ora è necessario iniziare a riscoprire qual è la Jessica più autentica, dove si è andato a nascondere il Suo entusiasmo e come si può riaccendere quella scintilla di gioia e speranza che, sono sicura, in fondo al Suo cuore non si è mai del tutto spenta. Per farlo Le suggerisco di intraprendere un breve un percorso di
psicoterapia, in cui comprendere meglio le ragioni profonde che La spingono ad essere triste e a fingere di stare bene, sperimentare un modo di relazionarsi più autentico e spontaneo, concedendosi finalmente la possibilità di spiccare il volo verso nuovi orizzonti! In bocca al lupo.