Salve, sono qui per scrivervi, a grandi linee, della mia esperienza in terapia come premessa per fare una domanda che ritengo sia utile anche per tutte quelle persone che leggeranno questa mia richiesta.
Ho iniziato questo viaggio in un tempo in cui ero ormai abituato ad un ospite indesiderato, una forma di depressione nascosta, costantemente presente nella mia vita. Andando avanti nel tempo, grazie a questa dottoressa, ho avuto sempre più consapevolezza dei miei errori fino a quando arrivò il giorno in cui smise di ascoltarmi, spiegare le ragioni per cui commettevo errori o non riuscivo ad avere la forza mentale anche solo per studiare ed iniziò a complimentarsi con me per come ora riesca ad affrontare numerosi problemi trovando la forza di voltare pagina e trovare altre soluzioni.
Ho fatto tre anni di lingue in facoltà, ho rinunciato a buon punto della carriera per inseguire il sogno della carriera militare, fallito dopo due anni di tentativi e, a seguito della quarantena, mi sono ritrovato a lavorare nello studio di consulenza di famiglia. Quel periodo per i miei amici è stato motivo di malessere, ma per me, inspiegabilmente, sono stati mesi di incredibile mutamento, se non di rivoluzione.
Ora, imparando una professione per salvare mia madre da diversi guai, a settembre riprenderò l'università telematica di economia insieme ad un corso di musica. In questo percorso terapeutico, io e la mia psicologa abbiamo notato una mia notevole capacità di empatia e di comprensione verso il prossimo, al punto che mi ripete ad ogni occasione che la strada mia è proprio quella di fare lo psicologo, ruolo che ho sempre sentito mio, ma mai considerato seriamente fino a quando una mia amica si laureò in psicologia.
La strategia è chiara: non voglio abbandonare la mia passione per la musica, né trascurerò lo studio di consulenza di mia madre prendendo così il suo posto ed evitando di perdere tutto ciò che possediamo per poi, appena possibile, raggiungere questa possibilità di lavorare come psicologo pur essendo consapevole di tutto l'infinito percorso da fare. L'unico aspetto che rimane da curare è quello della sfera affettiva, che in realtà non ho particolare fretta di risolvere.
La mia domanda è: ora che sono capace di affrontare le difficoltà con lucidità, di valutare le situazioni ed adattarmi di conseguenza senza perdere di vista i miei sogni e i miei obiettivi, perché la terapia non è conclusa?
Fino adesso capisco di essere arrivato all'inizio del terzo atto, quello finale, ma quando capirò che lo spettacolo sarà concluso? E' possibile, inoltre, che i sogni onirici che non riesco mai a ricordare possano essere la soluzione per l'epilogo di questo splendido viaggio alla scoperta di me stesso?
Questo quesito lo farò alla mia terapeuta alla prossima seduta.
In attesa di una vostra risposta vi ringrazio tantissimo per l'attenzione e il tempo dedicato ad una persona semplicemente curiosa.
- Pagina :
- 1
Non ci sono ancora delle risposte per questo dialogo.