Gentile Dottore,
andavo in psicoterapia da un anno e mi trovavo benissimo, sin quando non ho fatto l'errore di mandare dalla stessa terapeuta una mia collega dell'università che stava attraversando un momento difficile. Mi ha fatto tenerezza e non ho pensato alle conseguenze di condividere lo psicologo con qualcuno, tantomeno la terapeuta mi aveva messo in allarme, anzi, aveva detto che potevo portare chiunque tranne il mio compagno.
Quando la mia amica ha iniziato ad andare dalla mia psicologa, mi ha confessato che spesso le capitava di parlare di me, delle difficoltà che aveva nel relazionarsi con me per varie ragioni, e che aveva chiesto dei consigli anche su come approcciarsi con me. In quel momento mi sono bloccata, non riuscivo più a vedere la mia psicologa come un porto sicuro, come una mia alleata, ma anzi, anche in terapia mi era sembrata molto più maliziosa e bacchettona nei miei confronti.
Ho raccontato alla psicologa di questo disagio, del fatto che non la vedessi più come mia alleata e lei mi ha detto che avevo reagito così poiché sono terrorizzata dalla paura del giudizio altrui, che era quindi un problema mio e che dovevo lavorare su me stessa perché dallo psicologo ognuno deve essere libero di parlare di ciò che vuole, quindi la mia amica legittimamente aveva esternato le sue difficoltà allo psicologo.
Non mi sono sentita capita e sono andata via.
Le chiedo: ma il problema è davvero mio? Chiunque continua a trovarsi a proprio agio sapendo che il proprio psicologo parla con gli altri dei suoi comportamenti?
Sono davvero io il problema o la mia psicologa mi avrebbe dovuto avvisare che si sarebbero potute verificare certe dinamiche?
Grazie per la risposta in anticipo.
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