Buongiorno Mary, la ringrazio per la Sua lettera.
Da quel che descrive la Sua amica sta davvero molto male, seppur non mi è possibile fare una diagnosi attendibile partendo solo dalla Sua lettera: tra le righe traspare il profondo malessere della Sua amica e la Sua profonda preoccupazione per lei.
E' innanzitutto importante che i genitori insieme alla ragazza si rivolgano a centri specialistici ove sia possibile incontrare professionisti in grado di comprendere la natura del malessere della Sua amica, farle una diagnosi precisa e curarla adeguatamente. Lei riferisce che lo hanno già fatto, ma, da quello che leggo, poco chiara è la cura di questa giovane donna, che, da quanto Lei scrive, sta davvero male.
E' bene che Lei, Mary, non soddisfi in alcun modo le richieste manipolatorie dei genitori, ossia non faccia assumere mai farmaci alla Sua amica, senza ben essere informata circa la natura e la posologia del farmaco e soprattutto senza l’esplicito consenso della persona a cui viene somministrato.
La cosa più bella che forse questa Sua amica ha oggi è la Sua amicizia, ma Lei Mary non può salvare la Sua amica dal suo malessere, qualunque esso sia e qualunque nome abbia.
Può di sicuro informarsi circa eventuali cure, centri specializzati, attivarsi prendendo contatti e informazioni nella zona ove abita, ma poi Lei non è responsabile del benessere o malessere altrui. Un vecchio adagio popolare dice più o meno così: “Non ne siamo la causa, non ne siamo la cura”. Se se la sente, può valere la pena parlare con la famiglia, comprendere se hanno chiaro la situazione, capire cosa stanno facendo al riguardo, dare loro eventualmente qualche informazioni circa centri specialistici e professionisti della cura a cui rivolgersi.
Voler bene, stare vicino a persone che stanno male e che soffrono molto da un punto di vista psicologico, è assai difficile, ma può essere molto prezioso sia per lei Mary, sia per la Sua amica. Importante è definirne i confini, chiarendo i propri sentimenti: “Non posso curarti io, ma ti voglio bene per quello che sei, non per quello che fai!”.
Come ultima cosa, stare a stretto contatto con persone così problematiche e vivere esperienze come la vacanza in Spagna di cui ha scritto può risultare estremamente traumatico anche per Lei. Oltre alla paura che può aver personalmente sperimentato in quella situazione, bisogna tenere in considerazione il cosiddetto “trauma vicario”, causato dal dolore che si prova a veder soffrire altri nostri simili; un aspetto con cui devono confrontarsi quotidianamente le persone che lavorano in contesti di emergenza. Abbia cura quindi anche e soprattutto di sé stessa, avendo consapevolezza di quanto si sente di stare vicino a questa amica ed entro quali limiti (senza timore di poter essere a volte un po’ “egoista”) e si confronti spesso con altre persone, per avere un punti di vista esterni, come ha già fatto anche scrivendo questa lettera.
In bocca al lupo ad entrambe!